Chiesetta Madonna di Pietrafitta

Fuori dell'antico centro urbano, sulla sommità di un declivo, una volta visibile da ogni parte della campagna circostante ma attualmente nascosta da abitazione costruite di recente, si eleva la fascinosa sagoma della chiesa della Madonna di Pietrafitta. Una piccola chiesa rurale di rara bellezza e interesse, a pianta quadrilobata sormontata da un tamburo prismatico di base ottagonale, costruita nel 1599 dagli Anguillara nel luogo dove venne rinvenuto un sarcofago, attualmente inserito sotto l'altare maggiore. La grande particolarità di questa chiesa sta nella forma originale della sua pianta centrale (molto rara per quel periodo), che ispirandosi chiaramente alle forme delle prime chiese paleocristiane e bizantine, preannuncia alcuni motivi cari all'architettura barocca assunti dagli studi sull'architettura classica di grandi architetti come Bramante e Leonardo. Una pianta usata inizialmente nei sacelli pagani e in seguito nella cristianità essenzialmente nei battisteri che conferisce a questa costruzione un significativo carattere di luogo sacro per eccellenza. Se ciò non bastasse ad attribuire questa caratterizzazione sacrale, la chiesa al suo interno è stata affrescata con dipinti e decorazione che mostrano, per quanto oggi si può ancora intravedere, una peculiare maestria e originalità. Ancora ben conservato si mostra l'affresco incorniciato di una Madonna con Bambino. Ai lati si intravedono i resti di immagini di non ben identificati Martiri della Chiesa. Nell'abside a sinistra dell'altare in un altro affresco, tra figure di santi scolorite dal tempo e dall'incuria inserite in riquadri definiti da elementi architettonici dipinti, si intravede l'immagine imponente di una emblematica Madonna Nera. Il carattere di luogo sacro per eccellenza è accentuato dalla presenza, in origine, di tre altari come testimoniato dalle cronache del XVII e del XVIII secolo. Nell'altare Maggiore si venerava la Madonna, nell'altare del SS. Crocifisso era conservata una preziosa reliquia della Croce di Cristo, pervenuta a Stabia (antico nome di Faleria) nell'epoca delle Crociate e in seguito trasferita nella Chiesa Collegiata. Nella prima domenica di settembre si cantava la messa solenne e i vespri "ex obligationis Rectoris" di detta Chiesa. Il tre di maggio dopo una processione che partiva dal borgo, si celebravano messe solenni e vespri presso la reliquia del SS. Crocefisso. La chiesa della Madonna di Pietrafitta è menzionata nei documenti dal 1621, nel 1688 figura come "abbazia" confermata nella visita apostolica del 1729. Nel 1783 è affidata alla Amministrazione del principe Borghese e al 1788 risalgono alcuni lavori di sistemazione del tetto e del pavimento. Nel 1853 la chiesa è in pessimo stato di conservazione e durante il 1886 crolla il tetto della sacrestia e vengono effettuati alcuni lavori di restauro. Dopo circa cento anni nel 1993, l'Amministrazione Comunale di Faleria, considerando allora che la chiesa, ormai sconsacrata, versata i precarie condizioni statiche e di degrado predispose un progetto per il recupero storico, artistico e funzionale del manufatto per destinarlo a sala per esposizioni. Dopo questo tipo di intervento, in parte non concluso nei suoi obiettivi finali, la chiesa ha riacquistato una certa funzionalità e fu riaperta al culto. Ad oggi la chiesa, a prima vista e guardata a distanza, si presenta sommariamente in una discreta e apparente buona condizione conservativa; ma osservata attentamente lascia trasparire una situazione generale di degrado affiorante in tutte le sue componenti strutturali e di finitura, con momenti di accentuato degrado e pericolo estesi, in particolare, allo spazio interno della ex sacrestia. Dopo l'ultimo restauro rimasto incompleto, lo stato di degrado della chiesa si è accentuato in tutte le componenti sia strutturali che di finitura: in particolare l'orditura lignea del tetto/solaio dell'ambiente ex sacrestia risulta distaccata e pericolante in più parte, il pessimo stato conservativo degli intonaci interni ed esterni e la inefficace protezione degli infissi esterni. Ovunque sui muri si annida l'umidità dovuta sia ad infiltrazioni di acqua dalle coperture e dagli infissi che da capillarità dal suolo; con particolare riguardo al pennacchio di attacco tra il pilastro inferiore nord-est su cui scarica il sovrastante tamburo e il pavimento sotto l'altare.

TESTO DI LUCA SALVADORI